mercoledì 14 ottobre 2009

Il concetto di velocità. Dal semplice senso comune al corretto significato fisico

Il concetto di velocità è forse il concetto di fisica più semplice da capire per chi di fisica non se ne intende. Tutti nella nostra mente abbiamo un innato senso della velocità. La velocità la descriviamo come rapidità nel fare le cose, ma forse ciò che ci viene più facile è osservarla sotto il piano della quantificazione comparativa.
Con questo strano termine intendo una cosa semplicissima. Abbiamo un senso della velocità, quando confrontiamo tra loro due azioni. Diciamo facilmente che un veicolo è più veloce di un’altro quando il primo impiega meno tempo a percorrere lo stesso tratto di strada di un’altro. Minore è il tempo che impiega più diciamo che è veloce. Allo stesso modo ma forse meno immediato è che se per percorrere un tratto di strada un veicolo ci mette un certo tempo e per percorrere un tratto di strada maggiore un’altro veicolo impiega lo stesso tempo del primo, il secondo veicolo è più veloce del primo.
Ragionando un pò ci accorgiamo che abbiamo a che fare con una distanza ed un tempo quando parliamo di velocità del veicolo. Ma poi pensiamo alla velocità anche quando dobbiamo fare un certo lavoro in un determinato tempo. Meno tempo ci impieghiamo più siamo veloci a lavorare.
Così diciamo che un bambino di una certà età se è più alto di un’altro della stessa età, allora è cresciuto più velocemente.

Capiamo che è fondamentale nella velocità il concetto del tempo. Meno tempo impiegato, più veloce, qualunque sia l’ambito che analizziamo. Torniamo all’auto. Se impieghiamo un’ora per percorrere 100 Km, diciamo che siamo andati alla velocità di 100 Km all’ora. Se di ore ne impieghiamo 2, siamo andati più lenti a percorrere quei 100 Km, precisamente siamo andati ai 50 Km all’ora. E’ facile capire che una misura della velocità che ci indichi la rapidità con cui è stato percorso un certo tratto, può essere data dalla divisione tra la distanza percorsa e il tempo impiegato a percorrerla. Cosi 100 Km in 1 ora significa velocità di 100/1 = 100 Km/h. 100 Km in 2 ore significa velocità di 100/2 = 50 Km/h. In generale possiamo dire che se D è la distanza percorsa in un tempo T allora la velocità V è data da:

V=D/T

Che tipo di velocità è però questa? La fisica ci risponde che questa è una velocità media. Media perchè in realtà non è detto che durante il tragitto lungo D Km noi siamo sempre andati alla velocità di 100 Km/h. Per alcuni tratti saremo sicuramente andati più veloci, in altri tratti meno, ma se fossimo andati sempre alla velocità V=D/T allora avremo percorso la stessa distanza nello stesso tempo. Quindi quella è stata la nostra velocità media.

Potremmo dividere il tragitto di D km come somma di tratti più corti, e su ogni tratto vedere quanto tempo abbiamo impiegato a percorrerlo e quindi valutare la velocità media tenuta in quel tratto, con la stessa formula. Così se qualche tratto di 2 Km del tragitto abbiamo impiegato 2 minuti per percorrerlo allora in quel tratto abbiamo avuto una velocità media di 2/2 = 1 Km/min. Poichè in un’ora ci sono 60 minuti, con quella stessa velocità in 1 ora avremmo percorso 60 Km, quindi in quel tratto siamo andati ai 60 Km/h di media. Le due velocità sono identiche solo cambia il tipo di misura (unità di misura).
Così come su tutta la distanza anche su questo piccolo pezzettino di strada in realtà non è detto che siamo sempre andati ai 60 Km/h ma per un pò possiamo essere andati ai 90 e per un’altro pò ai 40. Fatto sta che in quei 2 Km siamo andati a diverse velocità ma di media abbiamo fatto i 60 Km/h.

Ora viene il bello... e se noi consideriamo un tratto di strada ancora più piccolo? Abbiamo una velocità media anche per quel tratto.. e se poi ancora più piccolo? Un’altra velocità media in quel tratto più piccolo.
Possiamo pensare di prendere in esame uno spazio sempre più corto, e calcolare la velocità media in quel tratto alla stessa maniera. Più il tratto considerato diventa piccolo, più le diverse velocità tenute ci risulterebbero poche e quindi sempre più vicine alla media, fino ad immaginare di arrivare al punto di considerare lo spazio percorso in un singolo istante di tempo, o più facilmente in un tempo talmente piccolo che la distanza percorsa in quel tempo possa essere stata percorsa soltanto ad una velocità, costante, poichè non è fisicamente possibile che in quel brevissimo tempo noi possiamo aver variato velocità. Siamo arrivati allora ad esprimere quella che in fisica viene detta velocità istantanea. Quindi su quei cento chilometri la nostra velocità media è stata di 100 Km/h, ma in ogni istante la nostra velocità ha avuto un valore ben preciso che può essere diverso dagli altri istanti. In ogni istante durante il tragitto abbiamo avuto una velocità istantanea.
La velocità istantanea è allora la velocità media tenuta in un certo tratto della strada, per un tempo così piccolo che non è possibile considerare un’altro valore di velocità. Si dice anche che essa è la velocità tenuta in un singolo punto particolare del tragitto. Questa è ottenuta considerando pezzi di tragitto sempre piccoli e intervalli di tempo anch’essi sempre più piccoli, fino al limite di considerare la velocità media tenuta in un punto ed un’istante. In termini matematici tutto questo si esprime con il limite per T che tende a 0 della funzione velocità media:

V istantanea = lim T -> 0 (D/T)

E questa è la definizione di derivata della funzione spazio percorso nel tempo, fatta rispetto al tempo:

V = ds/dt

In termini fisici si usa dire che la Velocità Istantanea in un punto del persorso è pari alla Velocità Media tenuta in un tratto infinitesimo attorno a quel punto, ed anche che in un punto, quindi in un tratto infinitesimo Velocità Media e Velocità istantanea coincidono.

Ricapitoliamo quello che abbiamo imparato in questo post e che ha importanza fondamentale nello studio della fisica:

1) un punto dello spazio è un tratto infinitesimo di un percorso
2) un istante è un tratto infinitesimo di un intervallo di tempo
3) un tratto infinitesimo di un percorso e un tratto infinitesimo di tempo sono strettamente legati dalla velocità istantanea, nel senso che in quel punto, per quell’istante, il corpo (nel nostro caso il veicolo) può avere una sola velocità, non è fisicamente possibile misurarne un’altra. Di conseguenza in quel tratto la velocità media è data da quell’unica velocità possibile.

E’ importante concentrarsi sul fatto che la velocità istantanea è definibile solo in relazione ad un preciso punto del tragitto o ad un determinato istante. E’ strettamente legata all’uno o all’altro.

4) La velocità media è in generale data dal rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo:

V = D/T

5) Il valore della velocità istantanea è matematicamente dato dal limite per t che tende a 0 (istante) della velocità media in un tratto che di conseguenza è infinitesimo. Il che equivale a dire che è la derivata dello spazio rispetto al tempo in un punto del perscorso:

v = ds/dt

A domani...
venerdì 9 ottobre 2009

La relatività speciale: perchè nasce, cosa è e cosa non è

Nell'ormai lontano 1905, Albert Einstein professore associato alla facoltà di Fisica dell'Università di Zurigo e impiegato presso l'ufficio Brevetti di Berna, scrisse e pubblicò un'articolo intitolato 'Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento' in cui viene introdotta una teoria che raggruppa all'interno di un unico quadro concettuale, lo studio dei fenomeni meccanici e quello dei fenomeni elettromagnetici.

Con tale teoria si estende ai fenomeni elettromagnetici, il principio su cui si basa lo studio e l'osservazione della meccanica classica, introdotto da Sir Isaac Newton nel 1600 e conosciuto con il nome di 'Principio d'inerzia'. Questo sostanzialmente stabilisce che per ogni fenomeno studiato, il modello matematico che lo rappresenta è lo stesso qualunque sia il sistema di riferimento rispetto a cui lo si esprime, posto che tali sistemi di riferimento siano inerziali tra loro, ovvero si muovano l'uno rispetto all'altro di moto rettilineo e uniforme, quindi traslino con velocità costante tra loro.

Per poter inserire in questo quadro i fenomeni elettromagnetici, la cui velocità di propagazione nel vuoto misurata in qualsiasi condizione di movimento della sorgente è sempre la stessa, occorre abbandonare l'idea che le lunghezze spaziali e gli intervalli temporali debbano essere trattati come grandezze assolute (così come accadeva fino ad allora per lo studio della meccanica) ed accettare che l'unica grandezza assoluta sia la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche C, quindi la velocità della luce che ne è sinonimo.
Nel prossimo post spiegherò perchè si è arrivati a questo.
Ma fin da ora ci tengo a dire che la relatività speciale è utile, ma non è necessaria. Nel senso che si possono trattare i fenomeni meccanici e quelli elettromagnetici separatamente, ovvero in due quadri concettuali diversi, ottenendo risultati coerenti sia nell'una che nell'altra disciplina avendo cura di non confondere le due classi di fenomeni. Ma la relatività speciale semplifica enormemente lo studio dei due fenomeni accomunandone il metodo di analisi a spese dell'utilizzo di una più difficile (per i profani) modellazione matematica che non si rifà al senso comune di vedere le cose cui siamo abituati e si pone quindi ad un livello di astrazione superiore a quello dei modelli matematici della meccanica classica, che sono invece più vicini (ma non significa più esatti) ad essere spiegati secondo le nostre abitudini.
Occorre quindi la relatività speciale per poter avanzare nello studio dei fenomeni in quanto è concettualmente più generale e permette un'indagine più semplice dei fenomeni lontani dal nostro senso comune (fenomeni che avvengono a velocità elevatissime e su distanze enormi).
Ma stiamo attenti a non dare significati troppo 'reali' ai concetti espressi dai modelli matematici che scaturiscono da essa, così come, per quanto detto in un post precedente, non è 'realtà' assoluta quello che esprimono i modelli della meccanica classica. Perchè come detto la realtà è una cosa a cui la fisica non può dare significato; la fisica si ferma alla creazione ed utilizzo dei modelli matematici che 'rappresentano' l'evoluzione in determinate condizioni di sistemi di oggetti. L'unico fatto è che i modelli matematici della meccanica classica 'rappresentano' tale evoluzione in maniera più vicina al nostro comune senso di osservare ed interpretare le cose, piuttosto che la relatività speciale.

Il Teorema di Poynting, essenza della Fisica - Parte 2

Nel primo post inerente al Teorema di Poynting abbiamo visto come esso rappresenti un 'Bilancio di Energia', e come l'evoluzione dei sistemi studiati in Fisica (i fenomeni) così come molti concetti usati nella vita di tutti i giorni, siano riconducibili ad un Bilancio di questo tipo. Se ti sei perso la prima parte, la trovi qui.

Abbiamo visto come sia semplice la formula che lo descrive e come questa stessa formula la applicachiamo tutti i giorni in ogni ambito della nostra vita senza che ce ne accorgiamo. Questa è:

Tg = Ti+Tt+Tu

Dove Tg è una quantità di elementi immesse nel sistema, Ti è la parte di tale quantità che si immagazzina nel sistema, Tt è la parte che si trasforma all'interno del sistema in quantità di elementi differente, Tu è la parte rimanente che fuoriesce dal sistema.

Vediamo ora alcuni esempi della vita quotidiana in cui facciamo uso del Bilancio:
1) Bilancio Economico-Familiare:
Lavorando otteniamo un certo quantitativo di soldi che viene immesso nel nostro sistema familiare. Questa quantità è Tg della nostra formula. Ora all'interno del nostro sistema familiare tale quantità subisce tre destini. Una parte la usiamo per aumentare i nostri risparmi in banca, e in questo caso stiamo parlando di Ti. Una parte la trasformiamo in generi di prima necessità per poter vivere, e questo è Tt. La parte rimanente la mettiamo in circolo sottoforma di consumi che serve per ciò che sta fuori dal nostro sistema, quindi abbiamo Tu.
2) Metabolismo:
Mangiando ingeriamo una certa quantità di cibo, Tg. All'interno del nostro sistema corporeo una parte Ti viene immagazzinata all'interno delle cellule per permettere la loro crescita, la loro divisione e le eventuali necessità future di energia. Una parte, Tt si trasforma subito in Energia utilizzabile per la nostra giornata. La parte rimanente Tu viene espulsa sottoforma di scarto del nostro metabolismo, ma che potrebbe essere utilizzata dall'ambiente esterno al nostro sistema in una qualche maniera che non interessa alla nostra analisi.

In entrambi i casi vale Tg=Ti+Tt+Tu. La quantità Ti, come abbiamo detto va a variare il contenuto di un certo elemento immagazzinato nel sistema. Quindi Ti la si può esprimere come variazione temporale di una certa quantità di elementi immagazzinata precedentemente. Ovvero indicando con U tale quantità, possiamo scrivere Ti come DU/Dt dove DU = Ut-Ut0 e Dt = t - t0.
Con t0 è l'istante di tempo immediatamente precedente all'ingresso nel sistema della nuova quantità, quindi Ut0 rappresenta la quantità immagazzinata nel sistema subito prima dell'inserimento della nuova quantità. t e Ut sono rispettivamente l'istante di tempo in cui l'immissione a termine e la quantità totale di elementi immagazzinata al termine dell'immissione.
Perciò in maniera più significativa possiamo scrivere la nostra formula di bilancio come:

Tg = DU/Dt + Tt + Tu

Bene, l'ultimo post di questa serie la dedicherò alla introduzione ed alla spiegazione vera e propria del Teorema di Poynting che già da adesso vi posso presentare come 'Bilancio Energetico del Campo Elettromagnetico'.
venerdì 2 ottobre 2009

Il Teorema di Poynting, essenza della Fisica

Oggi voglio parlare del Teorema di Poynting che per me rappresenta il più bel teorema di fisica e in esso ci trovo l'essenza di tutta la fisica stessa, intesa come modello matematico della più generica evoluzione del più generico sistema.
Nonostante la complessità della matematica con cui tale teorema è formulato è meraviglioso il semplice concetto che trasmette e la generalità di questo. Tale risultato può essere applicato infatti a qualsiasi fenomeno e dentro di se contiene il senso di come avviene l'evoluzione di qualsiasi sistema, dai campi di particelle elementari fino all'evoluzione delle stelle e delle galassie, passando per la semplice caduta di un sasso.
Dove risiede tutta questa apparente potenza del Teorema di Poynting? Perchè mi ostino a dire che secondo me è la più semplice essenza di tutta la fisica? La risposta sta nel fatto che esso esprime un 'Bilancio Energia', ed oramai sono tutti concordi con l'affermare che l'Energia è l'essenza ultima di tutti i fenomeni studiati e conosciuti.
Ma che cosa è un 'Bilancio'? Bè questo termine è comunemente utilizzato è conosciuto da chiunque, anche da chi di fisica non ha mai sentito parlare. Durante tutta la nostra vita facciamo i conti con i 'Bilanci', cosa incredibile è che ogni volta che lo facciamo, stiamo facendo della Fisica senza rendercene conto.
Così facciamo i conti con i nostri soldi e i nostri risparmi, facendo bilanci economici. Facciamo i conti con la benzina che ci vuole per arrivare in un certo luogo con l'auto, facendo bilanci, etc..
Tutti questi bilanci in ultima analisi hanno le stesse caratteristiche e sottintendono un'unico comportamento comune, quello stesso del Teorema di Pointyng e di tutti gli altri fenomeni fisici.
Qual'è questo comportamento? Lo spiego subito.
Noi immettiamo una certa quantità di un certo elemento all'interno di un sistema. Dentro il sistema questa quantità ha tre diversi destini che possono essere presenti insieme, oppure solo uno o anche solo due a seconda di che sistema consideriamo. La quantità immessa si distribuisce in questi tre destini, in modo che la somma delle tre quantità in cui si divide è pari alla quantità iniziale (una semplice somma).
I tre destini sono:
1) Una parte della quantità di elemento immessa nel sistema viene immagazzinata dentro il sistema andando ad aggiungersi a ciò che precendetemente era già immagazzinato;
2) Una parte si trasforma in qualcos'altro;
3) La parte rimanente fuoriesce dal sistema nella stessa forma in cui era entrata.
Indicanto con Tg la quantità immessa, Ti quella che si immagazzina, Tt quella che si trasforma e Tu quella che fuori esce ecco come si esprime il 'Bilancio':

Tg = Ti+Tt+Tu

Cosa più semplice non esiste.
Per oggi vi lascio a ragionare un pò su quanto fin qui scritto, la prossima volta mostrerò alcuni esempi...
giovedì 1 ottobre 2009

Fisica e Realtà. Dov'è la linea di demarcazione?

Discutere su dove sta la linea di demarcazione tra interpretazione Fisica dei fenomeni e Realtà oggettiva e concreta di questi, è cosa veramente ardua. Anche nella comunità scientifica non esiste ancora un accordo ed un consenso chiaro su tale argomento.
Gli articoli e i libri di divulgazione di argomenti di fisica teorica, ci presentano la Fisica come quella disciplina che dovrebbe spiegarci il perchè di ogni cosa che esiste e accade. Questo atteggiamento è probabilmete conseguenza degli enormi passi avanti che sono stati fatti nell'ultimo secolo verso la comprensione dei fenomeni cosmologici da una parte e atomici dall'altra, tanto che molti importanti scienziati scrivono libri su libri, in cui si ipotizza il raggiungimento a breve tempo della scoperta e della comprensione di 'Dio'.
E' bene dire che questi libri sono fatti per lo più per essere venduti e per generare introiti economici verso chi li scrive, così come i sensazionali articoli che compaiono di tanto in tanto sui quotidiani, in cui nuove scoperte e grandi esperimenti vengono dotati di significati sovrannaturali.
Pur comprendendo che se non fossero presentati in questo modo, il 99% delle persone non sarebbe interessata a leggerli e quindi a comprarli, è bene non ingannare queste persone facendole credere che la fisica può spiegare il perchè esiste il mondo e l'universo tutto. In questa tentazione, come detto, cadono spesso anche molti importanti studiosi, ed anche chi non lo fa consciamente per scrivere libri, a lungo andare si convince che sia effettivamente così. In verità questo argomento nasce da una confusione di livelli di indagine e descrizione.
Io non mi reputo all'altezza di poter spiegare la linea di demarcazione tra Fisica e Realtà, lascio che questo sia studiato da chi ne ha le giuste competenze, ma nel mio piccolo vi voglio presentare quelle che sono le mie impressioni e le mie congetture a riguardo.
In questa esplorazione partiamo da ciò che è certo:

- L'oggetto di indagine della Fisica sono i 'sistemi', dove con sistemi si intende qualunque insieme di cose concrete e misurabili in qualche maniera.
- L'azione di indagine che la Fisica compie sull'oggetto 'sistema' e quella di analizzarne il 'comportamento', ovvero di studiarne il modo in cui questo si evolve partendo da una certa configurazione delle cause che lo fanno evolvere.
Una prima conseguenza che possiamo già trarne è che la fisica non spiega il 'perchè' un sistema evolve (esistenza delle cause), bensì il 'come' lo fa quando è sottoposto a quelle determinate cause.
- Lo strumento usato dalla Fisica per indagare il 'comportamento' del sistema, quindi il 'fenomeno', è l'uso dell'esperimento, ovvero l'isolamento del sistema in determinati modi e il sottoponimento di questo ad un certo numero di insiemi diversi di cause.
- L'esperimento ha tra le sue caratteristiche peculiari che deve essere riproducibile in situazioni diversificate e conosciute a priori in modo da poter dedurre un'uniformità di comportamento del sistema quando viene sottoposto ad un'unico insieme di cause.
- La spiegazione dell'unico comportamento conseguente ad un'unico insieme di cause viene data con la formulazione di una 'Legge Fisica' in forma matematica.

Leggendo questi punti ci rende subito conto che all'atto dell'applicazione dello strumento di indagine, ovvero dell'esperimento, già avviene la separazione dalla Realtà concreta del fenomeno, intesa come la totalità delle interazioni ambientali in cui il sistema è immerso in condizioni normali. Inoltre la formulazione della legge fisica in forma matematica, è fatta sull'unico comportamento conseguente a cause note a priori.
La legge fisica mostrata sottoforma di 'modello matematico' del fenomeno, rappresenta e spiega quindi una precisa modellazione semplificata (determinate cause, comportamento riproducibile in diverse condizioni ambientali) dell'evoluzione naturale, ciò Reale e concreta, del sistema indagato.

Lettori fissi

Cerca nel blog

Archivio blog