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venerdì 9 ottobre 2009

La relatività speciale: perchè nasce, cosa è e cosa non è

Nell'ormai lontano 1905, Albert Einstein professore associato alla facoltà di Fisica dell'Università di Zurigo e impiegato presso l'ufficio Brevetti di Berna, scrisse e pubblicò un'articolo intitolato 'Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento' in cui viene introdotta una teoria che raggruppa all'interno di un unico quadro concettuale, lo studio dei fenomeni meccanici e quello dei fenomeni elettromagnetici.

Con tale teoria si estende ai fenomeni elettromagnetici, il principio su cui si basa lo studio e l'osservazione della meccanica classica, introdotto da Sir Isaac Newton nel 1600 e conosciuto con il nome di 'Principio d'inerzia'. Questo sostanzialmente stabilisce che per ogni fenomeno studiato, il modello matematico che lo rappresenta è lo stesso qualunque sia il sistema di riferimento rispetto a cui lo si esprime, posto che tali sistemi di riferimento siano inerziali tra loro, ovvero si muovano l'uno rispetto all'altro di moto rettilineo e uniforme, quindi traslino con velocità costante tra loro.

Per poter inserire in questo quadro i fenomeni elettromagnetici, la cui velocità di propagazione nel vuoto misurata in qualsiasi condizione di movimento della sorgente è sempre la stessa, occorre abbandonare l'idea che le lunghezze spaziali e gli intervalli temporali debbano essere trattati come grandezze assolute (così come accadeva fino ad allora per lo studio della meccanica) ed accettare che l'unica grandezza assoluta sia la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche C, quindi la velocità della luce che ne è sinonimo.
Nel prossimo post spiegherò perchè si è arrivati a questo.
Ma fin da ora ci tengo a dire che la relatività speciale è utile, ma non è necessaria. Nel senso che si possono trattare i fenomeni meccanici e quelli elettromagnetici separatamente, ovvero in due quadri concettuali diversi, ottenendo risultati coerenti sia nell'una che nell'altra disciplina avendo cura di non confondere le due classi di fenomeni. Ma la relatività speciale semplifica enormemente lo studio dei due fenomeni accomunandone il metodo di analisi a spese dell'utilizzo di una più difficile (per i profani) modellazione matematica che non si rifà al senso comune di vedere le cose cui siamo abituati e si pone quindi ad un livello di astrazione superiore a quello dei modelli matematici della meccanica classica, che sono invece più vicini (ma non significa più esatti) ad essere spiegati secondo le nostre abitudini.
Occorre quindi la relatività speciale per poter avanzare nello studio dei fenomeni in quanto è concettualmente più generale e permette un'indagine più semplice dei fenomeni lontani dal nostro senso comune (fenomeni che avvengono a velocità elevatissime e su distanze enormi).
Ma stiamo attenti a non dare significati troppo 'reali' ai concetti espressi dai modelli matematici che scaturiscono da essa, così come, per quanto detto in un post precedente, non è 'realtà' assoluta quello che esprimono i modelli della meccanica classica. Perchè come detto la realtà è una cosa a cui la fisica non può dare significato; la fisica si ferma alla creazione ed utilizzo dei modelli matematici che 'rappresentano' l'evoluzione in determinate condizioni di sistemi di oggetti. L'unico fatto è che i modelli matematici della meccanica classica 'rappresentano' tale evoluzione in maniera più vicina al nostro comune senso di osservare ed interpretare le cose, piuttosto che la relatività speciale.

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