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lunedì 25 gennaio 2010
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mercoledì 14 ottobre 2009
Il concetto di velocità. Dal semplice senso comune al corretto significato fisico
00:57 |
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Nurom |
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Il concetto di velocità è forse il concetto di fisica più semplice da capire per chi di fisica non se ne intende. Tutti nella nostra mente abbiamo un innato senso della velocità. La velocità la descriviamo come rapidità nel fare le cose, ma forse ciò che ci viene più facile è osservarla sotto il piano della quantificazione comparativa.
Con questo strano termine intendo una cosa semplicissima. Abbiamo un senso della velocità, quando confrontiamo tra loro due azioni. Diciamo facilmente che un veicolo è più veloce di un’altro quando il primo impiega meno tempo a percorrere lo stesso tratto di strada di un’altro. Minore è il tempo che impiega più diciamo che è veloce. Allo stesso modo ma forse meno immediato è che se per percorrere un tratto di strada un veicolo ci mette un certo tempo e per percorrere un tratto di strada maggiore un’altro veicolo impiega lo stesso tempo del primo, il secondo veicolo è più veloce del primo.
Ragionando un pò ci accorgiamo che abbiamo a che fare con una distanza ed un tempo quando parliamo di velocità del veicolo. Ma poi pensiamo alla velocità anche quando dobbiamo fare un certo lavoro in un determinato tempo. Meno tempo ci impieghiamo più siamo veloci a lavorare.
Così diciamo che un bambino di una certà età se è più alto di un’altro della stessa età, allora è cresciuto più velocemente.
Capiamo che è fondamentale nella velocità il concetto del tempo. Meno tempo impiegato, più veloce, qualunque sia l’ambito che analizziamo. Torniamo all’auto. Se impieghiamo un’ora per percorrere 100 Km, diciamo che siamo andati alla velocità di 100 Km all’ora. Se di ore ne impieghiamo 2, siamo andati più lenti a percorrere quei 100 Km, precisamente siamo andati ai 50 Km all’ora. E’ facile capire che una misura della velocità che ci indichi la rapidità con cui è stato percorso un certo tratto, può essere data dalla divisione tra la distanza percorsa e il tempo impiegato a percorrerla. Cosi 100 Km in 1 ora significa velocità di 100/1 = 100 Km/h. 100 Km in 2 ore significa velocità di 100/2 = 50 Km/h. In generale possiamo dire che se D è la distanza percorsa in un tempo T allora la velocità V è data da:
Che tipo di velocità è però questa? La fisica ci risponde che questa è una velocità media. Media perchè in realtà non è detto che durante il tragitto lungo D Km noi siamo sempre andati alla velocità di 100 Km/h. Per alcuni tratti saremo sicuramente andati più veloci, in altri tratti meno, ma se fossimo andati sempre alla velocità V=D/T allora avremo percorso la stessa distanza nello stesso tempo. Quindi quella è stata la nostra velocità media.
Potremmo dividere il tragitto di D km come somma di tratti più corti, e su ogni tratto vedere quanto tempo abbiamo impiegato a percorrerlo e quindi valutare la velocità media tenuta in quel tratto, con la stessa formula. Così se qualche tratto di 2 Km del tragitto abbiamo impiegato 2 minuti per percorrerlo allora in quel tratto abbiamo avuto una velocità media di 2/2 = 1 Km/min. Poichè in un’ora ci sono 60 minuti, con quella stessa velocità in 1 ora avremmo percorso 60 Km, quindi in quel tratto siamo andati ai 60 Km/h di media. Le due velocità sono identiche solo cambia il tipo di misura (unità di misura).
Così come su tutta la distanza anche su questo piccolo pezzettino di strada in realtà non è detto che siamo sempre andati ai 60 Km/h ma per un pò possiamo essere andati ai 90 e per un’altro pò ai 40. Fatto sta che in quei 2 Km siamo andati a diverse velocità ma di media abbiamo fatto i 60 Km/h.
Ora viene il bello... e se noi consideriamo un tratto di strada ancora più piccolo? Abbiamo una velocità media anche per quel tratto.. e se poi ancora più piccolo? Un’altra velocità media in quel tratto più piccolo.
Possiamo pensare di prendere in esame uno spazio sempre più corto, e calcolare la velocità media in quel tratto alla stessa maniera. Più il tratto considerato diventa piccolo, più le diverse velocità tenute ci risulterebbero poche e quindi sempre più vicine alla media, fino ad immaginare di arrivare al punto di considerare lo spazio percorso in un singolo istante di tempo, o più facilmente in un tempo talmente piccolo che la distanza percorsa in quel tempo possa essere stata percorsa soltanto ad una velocità, costante, poichè non è fisicamente possibile che in quel brevissimo tempo noi possiamo aver variato velocità. Siamo arrivati allora ad esprimere quella che in fisica viene detta velocità istantanea. Quindi su quei cento chilometri la nostra velocità media è stata di 100 Km/h, ma in ogni istante la nostra velocità ha avuto un valore ben preciso che può essere diverso dagli altri istanti. In ogni istante durante il tragitto abbiamo avuto una velocità istantanea.
La velocità istantanea è allora la velocità media tenuta in un certo tratto della strada, per un tempo così piccolo che non è possibile considerare un’altro valore di velocità. Si dice anche che essa è la velocità tenuta in un singolo punto particolare del tragitto. Questa è ottenuta considerando pezzi di tragitto sempre piccoli e intervalli di tempo anch’essi sempre più piccoli, fino al limite di considerare la velocità media tenuta in un punto ed un’istante. In termini matematici tutto questo si esprime con il limite per T che tende a 0 della funzione velocità media:
E questa è la definizione di derivata della funzione spazio percorso nel tempo, fatta rispetto al tempo:
In termini fisici si usa dire che la Velocità Istantanea in un punto del persorso è pari alla Velocità Media tenuta in un tratto infinitesimo attorno a quel punto, ed anche che in un punto, quindi in un tratto infinitesimo Velocità Media e Velocità istantanea coincidono.
Ricapitoliamo quello che abbiamo imparato in questo post e che ha importanza fondamentale nello studio della fisica:
1) un punto dello spazio è un tratto infinitesimo di un percorso
2) un istante è un tratto infinitesimo di un intervallo di tempo
3) un tratto infinitesimo di un percorso e un tratto infinitesimo di tempo sono strettamente legati dalla velocità istantanea, nel senso che in quel punto, per quell’istante, il corpo (nel nostro caso il veicolo) può avere una sola velocità, non è fisicamente possibile misurarne un’altra. Di conseguenza in quel tratto la velocità media è data da quell’unica velocità possibile.
E’ importante concentrarsi sul fatto che la velocità istantanea è definibile solo in relazione ad un preciso punto del tragitto o ad un determinato istante. E’ strettamente legata all’uno o all’altro.
4) La velocità media è in generale data dal rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo:
5) Il valore della velocità istantanea è matematicamente dato dal limite per t che tende a 0 (istante) della velocità media in un tratto che di conseguenza è infinitesimo. Il che equivale a dire che è la derivata dello spazio rispetto al tempo in un punto del perscorso:
Con questo strano termine intendo una cosa semplicissima. Abbiamo un senso della velocità, quando confrontiamo tra loro due azioni. Diciamo facilmente che un veicolo è più veloce di un’altro quando il primo impiega meno tempo a percorrere lo stesso tratto di strada di un’altro. Minore è il tempo che impiega più diciamo che è veloce. Allo stesso modo ma forse meno immediato è che se per percorrere un tratto di strada un veicolo ci mette un certo tempo e per percorrere un tratto di strada maggiore un’altro veicolo impiega lo stesso tempo del primo, il secondo veicolo è più veloce del primo.
Ragionando un pò ci accorgiamo che abbiamo a che fare con una distanza ed un tempo quando parliamo di velocità del veicolo. Ma poi pensiamo alla velocità anche quando dobbiamo fare un certo lavoro in un determinato tempo. Meno tempo ci impieghiamo più siamo veloci a lavorare.
Così diciamo che un bambino di una certà età se è più alto di un’altro della stessa età, allora è cresciuto più velocemente.
Capiamo che è fondamentale nella velocità il concetto del tempo. Meno tempo impiegato, più veloce, qualunque sia l’ambito che analizziamo. Torniamo all’auto. Se impieghiamo un’ora per percorrere 100 Km, diciamo che siamo andati alla velocità di 100 Km all’ora. Se di ore ne impieghiamo 2, siamo andati più lenti a percorrere quei 100 Km, precisamente siamo andati ai 50 Km all’ora. E’ facile capire che una misura della velocità che ci indichi la rapidità con cui è stato percorso un certo tratto, può essere data dalla divisione tra la distanza percorsa e il tempo impiegato a percorrerla. Cosi 100 Km in 1 ora significa velocità di 100/1 = 100 Km/h. 100 Km in 2 ore significa velocità di 100/2 = 50 Km/h. In generale possiamo dire che se D è la distanza percorsa in un tempo T allora la velocità V è data da:
V=D/T
Che tipo di velocità è però questa? La fisica ci risponde che questa è una velocità media. Media perchè in realtà non è detto che durante il tragitto lungo D Km noi siamo sempre andati alla velocità di 100 Km/h. Per alcuni tratti saremo sicuramente andati più veloci, in altri tratti meno, ma se fossimo andati sempre alla velocità V=D/T allora avremo percorso la stessa distanza nello stesso tempo. Quindi quella è stata la nostra velocità media.
Potremmo dividere il tragitto di D km come somma di tratti più corti, e su ogni tratto vedere quanto tempo abbiamo impiegato a percorrerlo e quindi valutare la velocità media tenuta in quel tratto, con la stessa formula. Così se qualche tratto di 2 Km del tragitto abbiamo impiegato 2 minuti per percorrerlo allora in quel tratto abbiamo avuto una velocità media di 2/2 = 1 Km/min. Poichè in un’ora ci sono 60 minuti, con quella stessa velocità in 1 ora avremmo percorso 60 Km, quindi in quel tratto siamo andati ai 60 Km/h di media. Le due velocità sono identiche solo cambia il tipo di misura (unità di misura).
Così come su tutta la distanza anche su questo piccolo pezzettino di strada in realtà non è detto che siamo sempre andati ai 60 Km/h ma per un pò possiamo essere andati ai 90 e per un’altro pò ai 40. Fatto sta che in quei 2 Km siamo andati a diverse velocità ma di media abbiamo fatto i 60 Km/h.
Ora viene il bello... e se noi consideriamo un tratto di strada ancora più piccolo? Abbiamo una velocità media anche per quel tratto.. e se poi ancora più piccolo? Un’altra velocità media in quel tratto più piccolo.
Possiamo pensare di prendere in esame uno spazio sempre più corto, e calcolare la velocità media in quel tratto alla stessa maniera. Più il tratto considerato diventa piccolo, più le diverse velocità tenute ci risulterebbero poche e quindi sempre più vicine alla media, fino ad immaginare di arrivare al punto di considerare lo spazio percorso in un singolo istante di tempo, o più facilmente in un tempo talmente piccolo che la distanza percorsa in quel tempo possa essere stata percorsa soltanto ad una velocità, costante, poichè non è fisicamente possibile che in quel brevissimo tempo noi possiamo aver variato velocità. Siamo arrivati allora ad esprimere quella che in fisica viene detta velocità istantanea. Quindi su quei cento chilometri la nostra velocità media è stata di 100 Km/h, ma in ogni istante la nostra velocità ha avuto un valore ben preciso che può essere diverso dagli altri istanti. In ogni istante durante il tragitto abbiamo avuto una velocità istantanea.
La velocità istantanea è allora la velocità media tenuta in un certo tratto della strada, per un tempo così piccolo che non è possibile considerare un’altro valore di velocità. Si dice anche che essa è la velocità tenuta in un singolo punto particolare del tragitto. Questa è ottenuta considerando pezzi di tragitto sempre piccoli e intervalli di tempo anch’essi sempre più piccoli, fino al limite di considerare la velocità media tenuta in un punto ed un’istante. In termini matematici tutto questo si esprime con il limite per T che tende a 0 della funzione velocità media:
V istantanea = lim T -> 0 (D/T)
E questa è la definizione di derivata della funzione spazio percorso nel tempo, fatta rispetto al tempo:
V = ds/dt
In termini fisici si usa dire che la Velocità Istantanea in un punto del persorso è pari alla Velocità Media tenuta in un tratto infinitesimo attorno a quel punto, ed anche che in un punto, quindi in un tratto infinitesimo Velocità Media e Velocità istantanea coincidono.
Ricapitoliamo quello che abbiamo imparato in questo post e che ha importanza fondamentale nello studio della fisica:
1) un punto dello spazio è un tratto infinitesimo di un percorso
2) un istante è un tratto infinitesimo di un intervallo di tempo
3) un tratto infinitesimo di un percorso e un tratto infinitesimo di tempo sono strettamente legati dalla velocità istantanea, nel senso che in quel punto, per quell’istante, il corpo (nel nostro caso il veicolo) può avere una sola velocità, non è fisicamente possibile misurarne un’altra. Di conseguenza in quel tratto la velocità media è data da quell’unica velocità possibile.
E’ importante concentrarsi sul fatto che la velocità istantanea è definibile solo in relazione ad un preciso punto del tragitto o ad un determinato istante. E’ strettamente legata all’uno o all’altro.
4) La velocità media è in generale data dal rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo:
V = D/T
5) Il valore della velocità istantanea è matematicamente dato dal limite per t che tende a 0 (istante) della velocità media in un tratto che di conseguenza è infinitesimo. Il che equivale a dire che è la derivata dello spazio rispetto al tempo in un punto del perscorso:
v = ds/dt
A domani...
venerdì 9 ottobre 2009
La relatività speciale: perchè nasce, cosa è e cosa non è
15:23 |
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Nell'ormai lontano 1905, Albert Einstein professore associato alla facoltà di Fisica dell'Università di Zurigo e impiegato presso l'ufficio Brevetti di Berna, scrisse e pubblicò un'articolo intitolato 'Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento' in cui viene introdotta una teoria che raggruppa all'interno di un unico quadro concettuale, lo studio dei fenomeni meccanici e quello dei fenomeni elettromagnetici.
Con tale teoria si estende ai fenomeni elettromagnetici, il principio su cui si basa lo studio e l'osservazione della meccanica classica, introdotto da Sir Isaac Newton nel 1600 e conosciuto con il nome di 'Principio d'inerzia'. Questo sostanzialmente stabilisce che per ogni fenomeno studiato, il modello matematico che lo rappresenta è lo stesso qualunque sia il sistema di riferimento rispetto a cui lo si esprime, posto che tali sistemi di riferimento siano inerziali tra loro, ovvero si muovano l'uno rispetto all'altro di moto rettilineo e uniforme, quindi traslino con velocità costante tra loro.
Per poter inserire in questo quadro i fenomeni elettromagnetici, la cui velocità di propagazione nel vuoto misurata in qualsiasi condizione di movimento della sorgente è sempre la stessa, occorre abbandonare l'idea che le lunghezze spaziali e gli intervalli temporali debbano essere trattati come grandezze assolute (così come accadeva fino ad allora per lo studio della meccanica) ed accettare che l'unica grandezza assoluta sia la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche C, quindi la velocità della luce che ne è sinonimo.
Nel prossimo post spiegherò perchè si è arrivati a questo.
Ma fin da ora ci tengo a dire che la relatività speciale è utile, ma non è necessaria. Nel senso che si possono trattare i fenomeni meccanici e quelli elettromagnetici separatamente, ovvero in due quadri concettuali diversi, ottenendo risultati coerenti sia nell'una che nell'altra disciplina avendo cura di non confondere le due classi di fenomeni. Ma la relatività speciale semplifica enormemente lo studio dei due fenomeni accomunandone il metodo di analisi a spese dell'utilizzo di una più difficile (per i profani) modellazione matematica che non si rifà al senso comune di vedere le cose cui siamo abituati e si pone quindi ad un livello di astrazione superiore a quello dei modelli matematici della meccanica classica, che sono invece più vicini (ma non significa più esatti) ad essere spiegati secondo le nostre abitudini.
Occorre quindi la relatività speciale per poter avanzare nello studio dei fenomeni in quanto è concettualmente più generale e permette un'indagine più semplice dei fenomeni lontani dal nostro senso comune (fenomeni che avvengono a velocità elevatissime e su distanze enormi).
Ma stiamo attenti a non dare significati troppo 'reali' ai concetti espressi dai modelli matematici che scaturiscono da essa, così come, per quanto detto in un post precedente, non è 'realtà' assoluta quello che esprimono i modelli della meccanica classica. Perchè come detto la realtà è una cosa a cui la fisica non può dare significato; la fisica si ferma alla creazione ed utilizzo dei modelli matematici che 'rappresentano' l'evoluzione in determinate condizioni di sistemi di oggetti. L'unico fatto è che i modelli matematici della meccanica classica 'rappresentano' tale evoluzione in maniera più vicina al nostro comune senso di osservare ed interpretare le cose, piuttosto che la relatività speciale.
Con tale teoria si estende ai fenomeni elettromagnetici, il principio su cui si basa lo studio e l'osservazione della meccanica classica, introdotto da Sir Isaac Newton nel 1600 e conosciuto con il nome di 'Principio d'inerzia'. Questo sostanzialmente stabilisce che per ogni fenomeno studiato, il modello matematico che lo rappresenta è lo stesso qualunque sia il sistema di riferimento rispetto a cui lo si esprime, posto che tali sistemi di riferimento siano inerziali tra loro, ovvero si muovano l'uno rispetto all'altro di moto rettilineo e uniforme, quindi traslino con velocità costante tra loro.
Per poter inserire in questo quadro i fenomeni elettromagnetici, la cui velocità di propagazione nel vuoto misurata in qualsiasi condizione di movimento della sorgente è sempre la stessa, occorre abbandonare l'idea che le lunghezze spaziali e gli intervalli temporali debbano essere trattati come grandezze assolute (così come accadeva fino ad allora per lo studio della meccanica) ed accettare che l'unica grandezza assoluta sia la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche C, quindi la velocità della luce che ne è sinonimo.
Nel prossimo post spiegherò perchè si è arrivati a questo.
Ma fin da ora ci tengo a dire che la relatività speciale è utile, ma non è necessaria. Nel senso che si possono trattare i fenomeni meccanici e quelli elettromagnetici separatamente, ovvero in due quadri concettuali diversi, ottenendo risultati coerenti sia nell'una che nell'altra disciplina avendo cura di non confondere le due classi di fenomeni. Ma la relatività speciale semplifica enormemente lo studio dei due fenomeni accomunandone il metodo di analisi a spese dell'utilizzo di una più difficile (per i profani) modellazione matematica che non si rifà al senso comune di vedere le cose cui siamo abituati e si pone quindi ad un livello di astrazione superiore a quello dei modelli matematici della meccanica classica, che sono invece più vicini (ma non significa più esatti) ad essere spiegati secondo le nostre abitudini.
Occorre quindi la relatività speciale per poter avanzare nello studio dei fenomeni in quanto è concettualmente più generale e permette un'indagine più semplice dei fenomeni lontani dal nostro senso comune (fenomeni che avvengono a velocità elevatissime e su distanze enormi).
Ma stiamo attenti a non dare significati troppo 'reali' ai concetti espressi dai modelli matematici che scaturiscono da essa, così come, per quanto detto in un post precedente, non è 'realtà' assoluta quello che esprimono i modelli della meccanica classica. Perchè come detto la realtà è una cosa a cui la fisica non può dare significato; la fisica si ferma alla creazione ed utilizzo dei modelli matematici che 'rappresentano' l'evoluzione in determinate condizioni di sistemi di oggetti. L'unico fatto è che i modelli matematici della meccanica classica 'rappresentano' tale evoluzione in maniera più vicina al nostro comune senso di osservare ed interpretare le cose, piuttosto che la relatività speciale.
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